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  • Immagine del redattoreSilvia Cosimini

Hallgrímur Helgason, 101 Reykjavík, Guanda, Milano 2001

Tre mesi di intensa convivenza, io e Hlynur, che ha ingelosito perfino mio marito. Non ho più provato una simbiosi così totale, fisica, che mi faceva condividere con lui conati e – si fa per dire – orgasmi. Avevo pensato molto a come farlo parlare, ai linguaggi e ai gerghi giovanili, ma poi ho capito che Hlynur è un loner e che non avrei avuto bisogno di collocarlo in contesti linguistici angusti ed effimeri. La sua è una vita immaginata e la sua lingua è altrettanto immaginata. La convivenza si è conclusa, io ormai incinta, possibile quarta vittima di Hlynur, con una visita di Hallgrímur Helgason a casa mia. Terrorizzata, aspettavo alla stazione un clone artico e più acido di Irvine Welsh, e invece ho trovato un giuggiolone pallido, tenero e abbracciabile, uno dei pochi islandesi con cui poter parlare male degli islandesi.

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